Il termine nutraceutica è composto dai due sostantivi “nutrizione” e “farmaceutica” ed è stato coniato nel 1989 da Stephen L. DeFelice.
In Italia, così come nell’intera comunità europea, il termine nutraceutico non è definito da alcun organo legislativo ed i prodotti che rientrano in questa categoria fanno parte dei così detti integratori alimentari, pertanto non si riferiscono ad un alimento o ancor più ad una pietanza.
La nutraceutica è una scienza che si occupa di studiare gli alimenti che hanno un effetto benefico sulla salute umana. Si tratta dunque di un campo molto vasto e abbastanza indefinito che può condurre allo sviluppo di prodotti alimentari impropriamente e commercialmente definiti nutraceutici sviluppati per sfruttare economicamente l’ampio margine di profitto che lega l’idea del consumo di un alimento alla possibilità di migliorare lo stato di salute, e che possono trovare spazio commerciale solo nelle nazioni che non hanno posto limitazioni legislative alla loro vendita.
Occorre fare una distinzione tra l’uso dei termini “nutraceutico” e “alimento funzionale”: il primo si riferisce alla singola sostanza con proprietà salutistiche (dimostrate e riconosciute a livello legislativo) presente nell’alimento, il secondo termine tende piuttosto a identificare l’intero cibo che presenta proprietà benefiche.
L’utilizzo improprio della parola “nutraceutica” ogni forma di comunicazione che si intende diffondere presso il pubblico, se usata a fini commerciali, allo stato attuale rischia di ricadere nel campo della informazione ingannevole che può legare alimentazione e salute soprattutto se il claim (l’informazione salutistica) utilizzata non è approvato dall’EFSA.
Prudenza quindi nel parlare di alimentazione e capacità di un alimento o una pietanza di svolgere una azione di prevenzione e riduzione del rischio di essere colpiti da una malattia. E tale prudenza deve connotare
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